martedì 15 maggio 2012

Razzismo: I nostri figli impareranno a conoscersi e saranno migliori di noi (Racconto di Marco Bo)


E’ sceso dalla macchina trafelato è corso verso di me e mi ha gridato a 2 cm dal mio naso: “Sei un extracomunitario di m...!”. Spiegare la discriminazione a chi non l’ha mai subita, a chi non l’ha mai provata sulla propria pelle apparentemente è semplice, ma in realtà non è così, è complicato. Ma è bene parlarne, mai come di questi tempi è bene parlarne.
Senza vittimismi, ma con realismo e concretezza, oggi più che mai c’è bisogno di costruire una base comune, un luogo di incontro dove cercare di costruire le fondamenta di una società migliore per i nostri figli.

Dicevo, spiegare la discriminazione far capire cosa si prova ad essere discriminati è difficile, nella migliore delle ipotesi, per chi ha tratti somatici evidentemente differenti è come rinascere ogni giorno, è come dover ricominciare da capo ogni volta che sorge il sole, ogni giorno della tua vita.

E' cioè, nella migliore delle ipotesi, nell'ambiente dove uno vive, nel vicinato conosciuto o in un piccolo paese dove ci si conosce tutti la gente ti rispetta anche se si è diversi.
 
Normalmente, nella migliore delle ipotesi! Ma quando ci si sposta in città o in un altro quartiere, in contesto nuovo sconosciuto insomma, proprio a causa tratti somatici diversi, diventa necessario raccontarsi dall'inizio, e cioè si riparte dall'anno zero e bisogna spiegare chi si è e come si è arrivati sin lì perché i tratti indicano in modo evidente che non si è originari di lì.

Così succede a volte a mia moglie qui nel nostro Bel Paese! I suoi tratti Latinoamericani la rendono distinta dai tratti locali tipici. Cosicché fuori della nostra comunità dove è conosciuta e stimata anche per il grande impegno nel sociale, al di fuori di qui spesso, anzi ogni volta deve raccontarsi e spiegare come e perché è arrivata fin qui.
 
A me personalmente è successo poche volte, ma quella mattina è successo ed in maniera così violenta e traumatica tanto che la cosa mi ha sorpreso e lasciato senza parole. Anche i miei tratti somatici mediterranei del sud d'Italia sono solo lievemente differenti dalla media del locale nord-estino italiano medio padano.

Ma tanto e' bastato. Il fatto è questo: accompagnavo all'asilo mia figlia piccola e come tutte le mattine la fretta, il traffico, la lotta quotidiana per il parcheggio più vicino all'entrata dell’asilo, la fretta maledetta di andare al lavoro, tutto questo già di se una brutta combinazione che esaspera le possibili interazioni mattutine tra genitori disperati e nevrotici.
 
E questa mattina di corsa come sempre, trovato il parcheggio e scesi dalla macchina stavamo camminando io e mia figlia all'ingresso dell'asilo. Già normalmente c'è da fare lo slalom tra le macchine parcheggiate in doppia fila, quanto meno in prossimità dell’entrata c’è un avviso dove la direzione dell'asilo che chiede gentilmente ai genitori di non parcheggiare per la sicurezza dei bambini. 
 
Ebbene, arrivati vicini all'ingresso camminando sul tratto pedonale delimitato, una macchina di grossa cilindrata mi passa a pochi centimetri e si ferma inchiodando davanti a noi bloccando il passaggio all'entrata dell'asilo. Il papà scende ed apre la portiera al figlio che sta accompagnando all'asilo anche lui come me.

Io ammetto che ho reagito in modo esagerato, forse perché, avvertito il pericolo e la prepotenza del gesto ed ho detto a voce alta:".. Ma guarda che gente indecente e prepotente!". Ed entrato ho avvisato la Direttrice della macchina piazzata lì davanti.
 
Ho proseguito poi verso la sezione di mia figlia, l'ho lasciata sorridente e sono uscito. In quel momento ho visto in fondo alla strada la macchina che mi aspettava, ed allora ho cominciato a temere. 
 
Comunque sono entrato in macchina e son partito, dopo qualche secondo avevo l'altra macchina attaccata dietro che mi inseguiva e lui al volante che mi faceva segno di accostare. Io ho tentato di far finta di niente ed ho proseguito per il mio cammino, e lui imperterrito mi stava attaccato dietro lampeggiando con gli abbaglianti e facendo segno di accostare.
 
A quel punto ho pensato che continuare a correre nel traffico con l’altro che mi stava con il muso della macchina attaccato alla mia era pericoloso, quindi ho fatto segno “Ok accosto, accosto, un attimo che mi fermo!”.
 
Il cuore andava già all’impazzata e stavo già pensando come scusarmi perché in effetti avevo esagerato un po’. D’altra parte però pensavo: “Di cosa mi devo scusare se stavo nella zona pedonale ed è lui che mi ha chiuso con la macchina il passaggio!”.
 
Tant’è, ho svoltato nel parcheggio del centro commerciale e parcheggiato, lui ha fatto lo stesso,a quel punto ho pensato speriamo di chiarirci e di andar a bere insieme un caffè per sbollire la tensione, ed ho cercato di indossare un mezzo sorriso rassicurante e conciliante.

Ma non è bastato, lui è sceso dalla macchina mi è corso in fronte ed ha cominciato :”Come ti permetti di richiamarmi in quel modo! Non lo fare mai più, chiedi scusa!”. Ci stavo provando quando lui aggiunge “Di dove sei? Da dove vieni?” Continuava a ripetermi a 2 cm del mio naso, “Da dove vieni? “ Ho provato a dire “Da dove vengo, da casa mia!” e lui a quel punto: “Sei un extracomunitario di m….! Stai zitto e chiedi scusa e che non succeda mai più!.”
E così è tornato in macchina e se ne andato.
 
Io son rimasto lì, da solo, attonito, il cuore batteva veloce ancora, sentivo freddo, non tanto il freddo di quella mattina di inizio autunno, ma un gelo dentro, quello che ti sembra di sentire fin nel midollo.
Sono rimasto lì, aspettando, pensavo: ”Speriamo che torni, lo invito ad un caffè, chiedo scusa, gli spiego che l’agitazione, la fretta fa brutti scherzi a tutti. E poi siamo uguali, siamo due papà che portano all’asilo i loro figli! Siamo uguali!.”
 
Non è tornato, sono rientrato in macchina ho cercato di riordinare le idee ed ho proseguito per il mio cammino. Continuo a sperare di incontrarlo una di queste mattine e di rimediare, di ricucire, d’altra parte siamo uguali!
 
No, non è semplice spiegare la discriminazione, è come rinascere ogni giorno, e come ricominciare da zero ogni mattina ad ogni sorgere del Sole.
 
Comunque, non bisogna perdere la speranza, i nostri figli dentro all’asilo impareranno a conoscersi e capiranno che siamo tutti uguali e saranno migliori di noi, sono sicuro.

(Racconto di Marco Bo - Razzismo: I nosri figli impareranno a conoscersi e saranno migliori di noi)

Racconto disponibie anche su: www.agoravox.it

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